Ormai va di moda coltivare il bambù anche in Italia. Una moda che passa dai campi e arriva all’industria: sono più di 1.500 le applicazioni industriali derivanti dalla pianta di bambù gigante: dal germoglio utilizzato nel settore alimentare, alle foglie impiegate oltreché in campo food, anche nel settore cosmetico e farmaceutico, fino al culmo, la cosiddetta canna di bambù che trova molteplici usi in ambito tessile, edile e nel settore dell’arredo e dell’oggettistica.
Una rivoluzione verde che spesso vede operare grandi gruppi che la sostengono. È il caso di Alma Italia una Spa che, dal 2015 a oggi, ha già piantumato 70 ettari di bambuseti.
O di Forever Bambù che acquista in Italia terreni proprio per avviare alla coltivazione di bambuseti. Giusto per fare due calcoli, dal 2014, Forever Bambù ha costruito un patrimonio immobiliare di 85 ettari di proprietà, di cui 67 dedicati alla coltivazione del bambù gigante. Per il 2021, l’azienda punta a raggiungere i 127 ettari di proprietà, di cui 107 piantumati a bambù gigante.
Sul mercato anche una nuova realtà che prende il nome di Prosperity Bambù e che ha come obiettivo la creazione di una rete di industrie europee che individuano nel bambù la risorsa necessaria alla svolta delle produzioni verso la sostenibilità, e che decidono pertanto di investire sinergicamente nella produzione della materia prima, nella realizzazione di nuovi materiali e prodotti, nello sviluppo del mercato.
Regioni come Piemonte ed Emilia Romagna sono perfette per accogliere i bambuseti che, grazie alle sue proprietà fitodepurative, consentono anche di bonificare e rimineralizzare i terreni. Ma anche al Sud esistono condizioni interessanti per darsi a questa coltivazione.
Certo, siamo ancora una briciola rispetto agli oltre 30 milioni di ettari sparsi in tutto il mondo, ma il bambù si sta rivelando una preziosa risorsa naturale, sia in termini economici che in termini ambientali e di produzione di biomassa.
Un ettaro di piantagione di bambù, se ben gestito, può generare più di 300 tonnellate di biomassa all’anno e, quindi, è considerato uno strumento estremamente efficace per il sequestro del carbonio.
“Quello del bambù gigante – afferma Antonio Villani, presidente Alma Italia – è un modello di business che in Cina, Taiwan, Thailandia e Giappone è già molto diffuso e sta dando ottimi risultati perché utilizzato per la produzione in diversi settori: dalla costruzione di case fino alle pale di turbine eoliche, senza dimenticare l’ambito food non solo per i germogli, ma anche come integratore alimentare, fino al settore tessile per la realizzazione di capi di abbigliamento e accessori“.
L’economia legata all’utilizzo del bambù occupa attualmente, a livello planetario, oltre 600 milioni di persone (l’8,5% a livello globale) impegnate tra lavorazione diretta e indotta. Nella sola Cina, dove la coltivazione di Bambù Gigante a scopo industriale ha ormai 50 anni di storia, gli ettari piantumati sfiorano i 10 milioni e sono oltre 6 milioni le persone che lavorano nelle piantagioni.