Come insegna Slow Fish (la biennale si è appena conclusa al Porto Antico di Genova) gli ambienti acquatici e la terraferma sono ecosistemi interconnessi tra loro.
Per questo vale la pena associare al piacere del cibo un approccio consapevole, che ricorda come le nostre scelte influenzino sia la qualità della nostra vita sia la salute del Pianeta, questione particolarmente rilevante per il settore della pesca, che deve confrontarsi con le pratiche di allevamento intensivo, con la pesca illegale, oltre che con il riscaldamento globale, l’acidificazione degli oceani, i fenomeni di inquinamento e la diffusione delle specie invasive.
Specie sempre più aliene abitano i nostri mari: come quelle che oggi minacciano il gambero di fiume italiano, un crostaceo che vive nei corsi d’acqua dolce un tempo molto comune, ma che da molti anni è in serio pericolo a causa della diffusione del gambero della Louisiana, di quello della California e del gambero americano.
Oltre a essere più grosse e forti, queste specie sono portatrici sane di una malattia molto pericolosa che uccide i gamberi che si sono evoluti in Italia. Ma non è finita qui: l’inquinamento dei corsi d’acqua, la pesca illegale e l’aumento delle temperature sono altri pericoli a cui il gambero di fiume italiano deve cercare di sopravvivere.
Nel corso di Slow Fish è stato presentato il progetto LifeClaw, cofinanziato dall’Unione europea, che ha lo scopo di contribuire alla conservazione del gambero di fiume, grazie al suo allevamento, alla reintroduzione nei corsi d’acqua e la cattura dei gamberi americani invasivi.
Ecosistemi delicati
Ma i mari sono un tema centrale anche per la geopolitica internazionale: basti infatti pensare che oltre l’80% del commercio mondiale e circa i due terzi dell’approvvigionamento mondiale di petrolio e gas sono estratti in mare o trasportati via mare e che fino al 99% dei flussi globali di dati sono trasmessi attraverso cavi sottomarini.
Il settore marittimo mondiale deve essere sicuro per sfruttare pienamente il potenziale degli oceani e dell’economia blu sostenibile ed è proprio in quest’ottica che vanno letti il recente aggiornamento della Strategia marittima dell’Unione europea, volta a garantire un uso pacifico dei mari e a proteggere il settore marittimo da nuove minacce e la presentazione del Piano d’azione che dovrà poi tradurla in pratica.
Presentata per la prima volta nel 2014, la strategia marittima dell’Unione è stata rivista tenendo conto delle minacce derivanti dal cambiamento climatico e dalla crisi della biodiversità, oltre che delle tensioni innescate dall’aggressione russa all’Ucraina.
Le azioni messe in campo nell’ambito della strategia si muovono in sei aree. Si parte dall’intensificazione delle attività in mare, come l’organizzazione di esercitazioni navali e di operazioni di guardia costiera nei bacini marittimi europei.
Si punta poi a rafforzare la cooperazione con i partner Ue-Nato e con i partner internazionali e a esercitare un ruolo guida nella sensibilizzazione al settore marittimo, con la creazione di un ambiente comune per la condivisione delle informazioni (Cise).
Ancora, la Strategia mira a gestire i rischi e le minacce, con lo svolgimento periodico di esercitazioni marittime con la partecipazione di attori civili e militari, il monitoraggio e la protezione delle infrastrutture marittime critiche e delle navi (comprese le navi passeggeri), e a sviluppare requisiti comuni per le tecnologie di difesa nel settore marittimo, con il miglioramento delle capacità antisommergibile.
Infine, la Strategia mira a rafforzare le qualifiche ibride e di cybersicurezza, in particolare dal lato civile, con l’organizzazione di programmi di formazione aperti ai partner non Ue.