Giusto un mese dopo la giornata degli Oceani, il calendario Green segnala che venerdì 8 luglio è la volta della giornata internazionale del Mar Mediterraneo.
Facciamo festa ma tenendo ben presente che anche il Mare Nostrum non sta bene ed è pieno di plastica. GreenPeace, che lo monitora sin dal 2015, denuncia come il Mar Mediterraneo “può essere considerato come una zona di accumulo di rifiuti galleggianti di plastica. I monitoraggi suggeriscono che la densità media di plastica presente nel bacino del Mediterraneo è di 1- 4 pezzi per metro quadrato, paragonabile all’accumulo di rifiuti plastici dei cinque vortici subtropicali, come per esempio la zona di accumulo nell’Oceano Pacifico“.
Diventa così sempre più urgente curare il nostro mare. E una buona strada potrebbe essere la piantumazione delle alghe. Posidonia in primis.
La Posidonia è una pianta marina che produce fiori, foglie e frutti, e che vive nelle zone costiere del Mediterraneo, fino a 40 metri di profondità. Assorbe l’anidride carbonica e rilascia ossigeno a un ritmo doppio rispetto a quello delle foreste tropicali e trattiene il carbonio sequestrato per millenni.
Purtroppo, oggi anche questa pianta è gravemente minacciata. L’eccesso di nutrienti e fertilizzanti nelle acque costiere, che fanno aumentare la torbidità delle acque riducendo la capacità fotosintetica della Posidonia, la pesca a strascico e l’ancoraggio delle barche, la costruzione di infrastrutture, i cambiamenti climatici, con l’aumento della temperatura e l’acidificazione delle acque: sono tutti fattori che stanno portando a un crollo della diffusione della Posidonia. In sostanza, ogni 7 minuti circa sparisce un’area di prateria grande come un campo da calcio.
I bei progetti per rinverdire il mare però non mancano: Favignana ne è un esempio, ma in generale in tutte le isole Egadi si sta sviluppando una riserva di circa 54mila ettari.
E a chi rimane infastidito dalla Posidonia una volta che si stacca e raggiunge la spiaggia, possiamo solo far notare che è un processo estremamente naturale: periodicamente, infatti, la pianta perde le foglie che si accumulano lungo le coste anche sotto forma di fibre ed egagropili.
Molti però sono gli studi in atto che stanno dimostrando come questi scarti possono essere riusati. Il Cnr ha validato l’uso di fibre di Posidonia come componenti di substrati di coltivazione in contenitore miscelate con torba.
Enea e l’Università Sapienza di Roma, nell’ambito del progetto Gerin (Gestione risorse naturali) e proprio con il contributo della Posidonia delle Egadi, ha messo a punto un’ecostruttura (chiamata Medonia) per farne materiale da imbottitura di involucri in materiale biodegradabile o riciclabile.
Intanto, presso l’Acquario di Livorno, è stata installata una rete costituita da una bioplastica in grado di degradarsi in acqua salata, che verrà usata per realizzare impianti di riforestazione della Posidonia. Questo per rendere ancora più Sostenibile la sua coltivazione.
“I supporti proposti per la riforestazione dei fondali – spiega Maurizia Seggiani, docente di Fondamenti chimici delle tecnologie al Dici (Dipartimento di Ingegneria civile di Pisa) – hanno un grande impatto ambientale, perché costituiti da reti di ferro rivestite con monofilamenti di polipropilene che causano la dispersione in mare di microplastiche e la morte delle specie marine che vi rimangono intrappolate. Il nostro gruppo di ricerca ha individuato e testato una bioplastica, il Pbsa (polibutilene succinato-co-adipato), usato in diverse applicazioni in sostituzione di plastiche tradizionali ma mai finora per applicazioni di restauro marino. Dal Pbsa è stata ricavata una rete con proprietà meccaniche adeguate a contenere le talee di piccole piante di Posidonia e in grado di biodegradarsi in un paio d’anni, il tempo necessario alla pianta per mettere radici“.
Insomma, la Poseidonia non disturba affatto. Anzi, le isole di Favignana, Levanzo e Marettimo ne godono già. Questa estate se siete da quelle parti immergetevi per verificare.