29 Aprile 2024
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Alla Costituzione piace lo sport. E agli italiani?

La Carta Costituzionale approvata nel 1948 non conteneva riferimenti all'attività sportiva e le uniche norme che la menzionavano erano di livello regionale. Dopo un procedimento assai articolato, la Costituzione è stata modificata in modo da riconoscere il valore dello sport. Un traguardo importante, che adesso deve trovare attuazione concreta per stimolare sempre più persone a praticare attività fisica

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E con questa fanno 46. Tante volte è stata infatti modificata, dal 1948 a oggi, la Costituzione della Repubblica. L’ultima, il 20 settembre, quando con voto unanime della Camera (e dopo un procedimento specifico, trattandosi appunto di una modifica alla Costituzione), è stata aggiunta all’art. 33 la frase: “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme“.

La formulazione punta a dare un’accezione il più ampia possibile all’attività sportiva e si articola su tre assi: in primo luogo, quello educativo, legato alla crescita di chi fa sport, che passa attraverso la capacità di sforzarsi di raggiungere dei risultati, di rispettare le regole e accettare le sconfitte.

C’è poi quello sociale, che rimarca la capacità di aggregazione dello sport, il suo essere veicolo e opportunità di inclusione per soggetti in condizioni di svantaggio o marginalità di tipo socio-economico, etnico-culturale o fisico-cognitivo, elemento tanto più rilevante in un momento come quello che stiamo vivendo, con un’uscita dalla pandemia e una crisi economica che morde ed erode il tessuto della collettività.

Infine, l’aspetto più evidente, quello dei benefici psicofisici arrecati dallo sport, anche, ma non solo, come fattore di prevenzione di patologie.

Con questa modifica al testo della Costituzione (già nella passata legislatura c’era stato un tentativo di approvarla), l’Italia va ad allungare la lista dei Paesi che riconoscono, a vario titolo, un valore allo sport nelle loro carte costituzionali.

L’elenco comprende Portogallo (che riconosce un diritto allo sport), Bulgaria, Croazia, Lituania, Polonia, Romania, Spagna, Ungheria (che sanciscono che lo stato deve promuovere l’attività sportiva) e Grecia (qui addirittura la promozione dello sport è una missione fondamentale dello Stato).

Almeno nell’immediato, è difficile che la modifica approvata possa dare effetti concreti: si tratta infatti di un’indicazione di principio e per darle attuazione serviranno proposte di legge e provvedimenti specifici. Tuttavia, resta innegabile che si tratta di un segnale rilevante, che enfatizza (anche) gli aspetti di inclusività della pratica sportiva.

Proprio quegli aspetti che servono per contrastare quella cultura intimidatoria che tiene lontane tante persone dalle palestre e dai campi da gioco.

Secondo un sondaggio condotto da Onepoll per conto della nota casa sportiva Asics, oltre l’80% di chi fa attività fisica crede ancora alla frase “no pain, no gain“, il 46% delle persone che non fanno attività fisica afferma di sentirsi troppo in imbarazzo ad andare in palestra perché è convinto di non corrispondere alla tipica figura sportiva, mentre il 65% sarebbe più propenso ad allenarsi se i protagonisti delle pubblicità sportive fossero persone comuni.

Alla luce di questi dati, Asics si sta impegnando per aiutare le persone a concentrarsi maggiormente su come lo sport le fa sentire e a incoraggiarle a muoversi per la loro salute mentale.

In particolare, il brand sportivo ha presentato New Personal Best, un’iniziativa per promuovere i benefici che lo sport ha sulla salute mentale. Il progetto mira a celebrare il modo in cui l’esercizio fisico valorizza le specificità di ognuno – senza statistiche, senza tempi da raggiungere e senza numeri da battere.