Tornare a vivere nei borghi è una scelta cui molti italiani stanno pensando. E non solo per le vacanze. Il tema è sostenuto anche dalla strategia nazionale per le aree interne, redatta dal Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica italiana che punta a far rivivere una zona del nostro Paese molto vasta (circa il sessanta per cento del territorio nazionale) che è contraddistinta dalla presenza di piccoli Comuni.
Zone non del tutto facili da vivere, magari perché lontane dai servizi essenziali – quali scuola, sanità e mobilità – ma naturali e molto molto verdi.
Per le cosiddette aree interne ci sono anche dei fondi gestiti da programmi quadro e ancora disponibili. Vero è che a lato di una programmazione ufficiale si stanno sviluppando tanti piccoli villaggi che sono la sintesi più pura di comunità che vogliono tornare a vivere in pace con gli esseri umani e con la natura.
È il caso dell’ecovillaggio Alvador che sta in un piccolo paesino vicino a Reggio Emilia: Roncadella. Fondato nel 2015, questo ecovillaggio si è dato la forma di una comune e i suoi 4 abitanti e due bimbi condividono beni, spazi e tempo.
Tra le loro regole spicca l’Ecologia ambientale: “non siamo padroni – ci racconta Silvia – ma ospiti e custodi della terra e vivendo ogni giorno in rapporto con essa e le sue leggi, siamo disposti a fare piccole e grandi rinunce quotidiane per non modificarne gli equilibri. Da anni coltiviamo un orto e raccogliamo l’acqua piovana, autoproduciamo alimenti e beni di prima necessità“.
Autoproduzione e artigianato sono le attività che permettono agli abitanti di questo ecovillaggio di mantenersi.
“Autoproduciamo gli alimenti – racconta ancora la nostra interlocutrice –partendo da materie prime che crescono nel nostro terreno o comunque a km0, produciamo cosmetici e detergenti naturali di uso quotidiano. Lavoriamo con il legno in attività di restauro e piccola falegnameria, riscopriamo mestieri antichi quali cesteria e impagliatura di sedie, sviluppiamo sempre nuove attività di atelier artistiche con tessili in eco-printing e non solo. Stiamo iniziando a sviluppare attività educative. Condividiamo le nostre conoscenze in un’ottica di democratizzazione dei saperi, diffondendo buone pratiche. Inoltre, da circa un anno stiamo ristrutturando la nuova casa, nella quale stiamo per trasferirci, cercando di affidarci quasi completamente alla bioedilizia, utilizzando materiali ecologici e naturali“.
Sulla sponda varesina del lago Maggiore, a una ventina di minuti dal centro di Maccagno, troviamo una altro ecovillaggio dove una baita è a disposizione di chi vuole provare a vivere in maniera naturale.
“L’iniziativa nacque nel 2012 da parte di un gruppo di persone che decise di recuperare i ruderi di questo minuscolo villaggio abbandonato per creare un ecovillaggio – ci racconta Margherita – Queste persone ottennero un contratto di comodato d’uso dal comune“.
I valori erano quelli della decrescita felice, dell’autoproduzione, della vita a contatto con la Natura, slegati dalle logiche consumistiche della società.
In questo borgo naturale vivono stabilmente quattro persone condividendo le tre baite principali, una yurta, un orto e un pollaio.
“Ognuna delle persone dedica parte del proprio tempo allo sviluppo e alla promozione del posto – conclude Margherita – mentre il resto del tempo viene impiegato a piacimento“.
Qui, come si diceva, si può fare del puro turismo sostenibile. Una baita spartana ma accogliente – chiamata la Campagnola – può ospitare fino a 12 persone. Noi abbiamo provato a dormirci ed è stata una bellissima esperienza.
Se il tema vi ha appassionato potete approfondirlo anche con la lettura di un libro: Ecovillaggi e cohousing. Dove sono, chi li abita, come farne parte o crearne di nuovi (Terra Nuova edizioni). L’autrice è Francesca Guidotti che per anni è stata anche presidente di Rive, associazione delle comunità degli ecovillaggi italiani.