20 Aprile 2024
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aree interne

Perché ripopolare le montagne fa bene a noi e al clima

Con la Snai, Strategia nazionale aree interne, il nostro Paese supporta il ritorno alla vita in montagna. A tutto vantaggio del nostro benessere e di quello di questi territori

Tempo di lettura: 3 minuti

23 nuove Aree interne sono state aggiunte alla Strategia nazionale aree interne (Snai), il progetto – il cui padre è Fabrizio Barca, statista ed economista ed ex ministro per il Sud e la coesione territoriale – che finanzia i territori montani e appenninici in via di spopolamento.

Le nuove aree (la lista la segnaliamo a fine articolo) potranno contare su un finanziamento iniziale di 4 milioni di euro che andranno così favorire lo sviluppo di centri montanti da Nord a Sud.

Plaude Uncem (Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani) perché la Snai procede dal 2013 e spesso si trova a fianco alle Green Communities per lo sviluppo di questo Paese.

Cosa si intende con Aree interne e perché è buona cosa attenzionare questi territori?

Chiamiamo interne – specifica un documento del Miur – quelle aree distanti dai centri di offerta di servizi essenziali (di istruzione, salute e mobilità), ricche di importanti risorse ambientali e culturali e fortemente diversificate per natura e a seguito di secolari processi di antropizzazione.

Si parla di quattromila Comuni. In queste aree vive ancora un quarto della popolazione italiana, in una porzione di territorio che supera il sessanta percento di quello totale.

Una parte rilevante delle Aree interne ha subìto gradualmente, dal secondo dopoguerra, un processo di marginalizzazione segnato da:

  • calo della popolazione, talora sotto la soglia critica
  • riduzione dell’occupazione e dell’utilizzo del territorio
  • offerta locale calante di servizi pubblici e privati
  • costi sociali per l’intera nazione, quali il dissesto idrogeologico e il degrado del patrimonio culturale e paesaggistico

Effetti negativi hanno avuto anche interventi pubblici o privati (cave, discariche, inadeguata gestione delle foreste e talora impianti di produzione di energia) volti a estrarre risorse da queste aree senza generare innovazione o benefici locali: le amministrazioni locali vi hanno acconsentito anche per le condizioni negoziali di debolezza legate alla scarsità dei mezzi finanziari.

In altri casi, l’innovazione è stata scoraggiata da fenomeni di comunitarismo locale chiuso a ogni apporto esterno.

Riportare a vivere e ripopolare i territori montani è un aspetto intrinseco dello sviluppo del nostro Paese (ma non siamo i soli in Europa a puntare l’attenzione su questi territori).

Significa anche curare i territori dal punto di vista idrogeologico e di manutenzione del suolo oltre al rimboschimento. Gli incendi, quelli che hanno devastato centinaia di ettari del nostro Paese anche quest’estate, sono meglio controllabili. Magari anche evitati.

Tornare a vivere le Aree interne, significa creare nuovi posti di lavoro affini all’ospitalità, ma non solo. Le professioni legate alle aree interne sono varie. E necessitano di preparazione. Per questo è stato istituito anche un Master in Gestione e Promozione del Sistema Montano e delle Aree Interne – Manager del Sistema Territoriale.

Con il prossimo anno verrà inaugurata la terza edizione, organizzata da Saa-School of Management di Torino in collaborazione con Corep (Consorzio Per la Ricerca e l’Educazione Permanente che annovera tra i suoi consorziati l’Università degli Studi di Torino e l’Università di Messina), Uncem e Ancim (Associazione Nazionale Comuni Isole Minori).

Le nuove 23 aree approvate dal Comitato tecnico Aree interne comprendono 321 Comuni e un totale di 650mila abitanti.

Si tratta di Mont Cervin (Valle d’Aosta), Valsesia, Terre del Giarolo (Piemonte), Imperiese, Fontanabuona (Liguria), Valli del Torre e del Natisone (Friuli-Venezia Giulia), Giudicarie Centrali ed Esteriori, Valle Rendena (Provincia Autonoma di Trento), Appennino Parma Est, Appennino Forlivese e Cesenate (Emilia-Romagna), Montefeltro e Alta Valle del Metauro, Appennino Alto Fermano (Marche), Unione dei Comuni del Trasimeno, Media Valle del Tevere e Umbria meridionale (Umbria), Valle del Sagittario e dell’Alto Sangro (Abruzzo), Isernia-Venafro, Medio Basso Molise (Molise), Alto Matese, Sele Tanagro (Campania), Alto Salento (Puglia), Alto Jonio Cosentino (Calabria), Barbagia, Valle del Cedrino (Sardegna).