Non è una magia, ma i rifiuti plastici abbandonati in mare possono essere trasformati in carburante per le stesse imbarcazioni. È questo il presupposto di un progetto sviluppato a Venezia presso i laboratori del Cnr-Ismar.
Il progetto ha un nome lunghissimo: Mapping and recycling of marine litter and ghost nets on the sea-floor. Così si preferisce ridurlo in marGnet.
Alla base un semplice processo di pirolisi a basse temperature, ossia un processo chimico che riesce a decomporre i materiali mediante calore e senza ricorrere – dicono i ricercatori – a particolari pretrattamenti o agenti ossidanti che di fatto minano la sostenibilità economica delle soluzioni di riciclaggio di tipo meccanico tentate finora a livello internazionale.
Le ricerche sono in atto per provare la bontà dell’idea, ma di una cosa siamo certi: purtroppo la materia prima non manca.
Ogni anno – lo denuncia il Wwf – 570mila tonnellate di plastica finiscono nelle acque del Mediterraneo, l’equivalente di 33.800 bottigliette di plastica gettate in mare ogni minuto.
L’inquinamento da plastica sta continuando a crescere. Se i Paesi non adottano soluzioni concrete ed efficaci, entro il 2050 l’inquinamento nell’area mediterranea quadruplicherà.
Se si riuscirà a produrre carburante dalle plastiche marine si prenderanno due piccioni con una fava: l’idea è quella di ridurre anche l’inquinamento causato dalle imbarcazioni che producono – per esempio nei porti – alte concentrazioni di particelle ultrafini. Oltre a fuliggine, ossidi di zolfo e di azoto danneggiano la salute umana, l’ambiente e il clima.
Studi italiani presentati dall’associazione Cittadini per l’Aria hanno concluso che vivere in prossimità di un porto incrementa del 31% la probabilità di tumore al polmone e del 51% il rischio di morte prematura ricollegabile a malattie neurologiche.
L’obiettivo è far utilizzare dagli operatori navali carburanti a basso tenore di zolfo e catalizzatori per le emissioni di azoto. Usando questi carburanti si possono ridurre grandemente le emissioni e utilizzare filtri anti-particolato per ridurre al 99% le emissioni nocive disfandosi, finalmente, dell’olio pesante che rappresenta un rischio grave anche per i nostri mari, la nostra salute e il clima.
Intanto, ci sono Nazioni che si sono prefissate degli obiettivi chiari. Come la Norvegia che dal 2026 vieterà alle navi che utilizzano carburanti inquinanti di entrare nelle sue acque e, entro il 2030, consentirà la navigazione alle sole navi a emissioni zero.