La moltiplicazione degli indicatori di sostenibilità è uno dei segnali più evidenti della crescente consapevolezza sulle tematiche ambientali.
Utilizzati da governi, organizzazioni internazionali e aziende, negli anni sono stati declinati anche al livello dei singoli individui, che adesso hanno anche a disposizione app e risorse online per quantificare gli impatti su clima, ambiente e risorse del loro stile di vita.
C’è per esempio l’impronta ecologica, una metrica elaborata alla fine degli anni Novanta da Mathis Wackernagel e William Rees che esprime la superficie biologicamente produttiva necessaria a produrre le risorse consumate da una persona o un’azienda (e assorbire i rifiuti prodotti).
L’impronta ecologica è alla base dell’Earth Overshoot Day, il giorno in cui l’umanità esaurisce le risorse prodotte dal Pianeta nel corso dell’anno ed entra in debito: negli anni, purtroppo, il giorno del debito è sempre più anticipato, a evidenziare l’insostenibilità dell’attuale sistema economico.
Ancora, tra gli indicatori vanno menzionati lo zaino ecologico, che quantifica i materiali necessari a produrre un qualsiasi bene, che ci si porta metaforicamente sulle spalle e l’impronta idrica, che indica quanta acqua è stata necessaria per realizzare un determinato prodotto.
Probabilmente, però, l’indicatore oggi più in voga, vista l’attenzione ai cambiamenti climatici, è l’impronta di carbonio, che esprime la quantità di carbonio emessa da un’attività, un servizio o un prodotto.
Proprio dalla critica di quest’ultima misura è partita Emma Patee, autrice del New York Times e del Washington Post specializzata sui cambiamenti climatici che ha proposto il concetto di ombra climatica.
Secondo Patee, infatti, l’impronta di carbonio non darebbe una descrizione sufficientemente accurata dell’impatto delle scelte individuali sul clima.
A suo dire, infatti, incoraggia le persone a concentrarsi su azioni che sono sì facili da quantificare e calcolare, ma che alla fine non hanno una gran rilevanza in termini di riduzione delle emissioni.
L’ombra climatica è invece suddivisa in consumi (in sostanza lo stile di vita), scelte (per esempio sul numero di figli, la professione, gli investimenti) e attenzione (che indica il grado di focalizzazione sulla crisi climatica e l’impegno a contrastarla).
Elementi che probabilmente non sono facili da quantificare in termini di emissioni di carbonio, ma che contribuiscono ad ampliare la consapevolezza dei singoli.
Nella descrizione che ne dà Patee, questa ombra si proietta infatti su ogni aspetto della vita delle persone, che sono così incentivate a non concentrarsi su singoli gesti come cambiare la lampadina o chiudere il rubinetto.
Che sono sì importanti, ma che rischiano alla fine di distrarre da quelle che sono le azioni davvero efficaci, quelle cioè che si traducono nell’attivismo collettivo.