23 Aprile 2024
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città 30 km/h

La città 30 km all’ora, con tutti i suoi vantaggi. Ma c’è chi non la vuole

Nel nostro Paese la cultura dell'auto è fortissima, contribuisce a definire gerarchie e visioni del mondo e a costruire l'identità di moltissime persone. Probabilmente è questa la spiegazione delle reazioni furibonde a una proposta che, dal punto di vista razionale, è assolutamente inattaccabile: quella di limitare la velocità nei centri urbani a 30km/h. Una scelta vincente sotto tutti i punti di vista, da quello ambientale a quello della sicurezza

Tempo di lettura: 3 minuti

Preferireste cadere dal primo piano o dal terzo? Nessuno, siamo pronti a scommetterci, risponderebbe che gli piacerebbe cadere da un’altezza di nove metri (centimetro più o meno).

Certo, anche da tre metri è molto probabile farsi male, ma una volta sistemate le fratture si può riprendere come prima. Da nove metri, invece, le probabilità di farsi molto male salgono tantissimo e un volo da quest’altezza è fatale nella metà dei casi.

La differenza che passa tra una caduta da tre metri e una da nove è la stessa che passa tra l’essere investiti da un’auto che viaggia a 30 chilometri all’ora e una che si muove invece a 50: nel primo caso, nove volte su dieci l’investito se la caverà con qualche botta e un gran spavento, mentre se l’auto va di 20 chilometri più veloce… beh, è chiaro.

Se poi spostiamo il punto di vista e ci concentriamo su chi guida, nel caso ci sia un ostacolo improvviso, a 30 km/h sarà possibile evitarlo, perché sull’asciutto la distanza di arresto (data dal tempo di reazione più lo spazio di frenata) è di 13 metri; a cinquanta sarà invece pressoché impossibile, perché ci si fermerà a distanza più che doppia (28 metri).

Ancora, a 30 km/h l’angolo di visuale del conducente è ampio il doppio rispetto a quello che si ha a 50 km/h, cosa che consente di vedere in tempo l’ostacolo improvviso.

In effetti, le statistiche relative a Città 30 come Grenoble, Graz e Bruxelles confermano questi dati e anche lo studio più lungo, condotto a Londra dal 1986 al 2006, ha certificato senza possibilità di discussione che la riduzione della velocità ha portato a dimezzare i morti e gli incidenti gravi (con risultati anche migliori per la fascia più debole, quella dei bambini).

Sono elementi di cui è indispensabile tenere conto nel dibattito in corso nel nostro Paese, in cui quasi l’80% degli spostamenti si svolge in ambito urbano e, di questi, il 36% sono inferiori a 2 chilometri, distanza per cui la bicicletta e talvolta anche una camminata veloce sono concorrenziali in termini di tempo (includendo la ricerca del parcheggio) rispetto all’auto privata.

Purtroppo, queste percentuali vanno rapportate a un primato non invidiabile del nostro Paese: se in Europa nel 2019 il 39% delle vittime di incidenti stradali perde la vita in città, in Italia questa percentuale sale al 44%.

E le cause sono, nella maggior parte dei casi, sempre le stesse: eccesso di velocità, mancata precedenza ai pedoni sugli attraversamenti e guida distratta.

Chiaro quindi che degli interventi di riduzione della velocità porterebbero a migliorare la sicurezza degli utenti più vulnerabili, andando anche a modificare quella percezione di insicurezza che è la principale spiegazione addotta da chi sceglie di usare l’auto.

I vantaggi della Città 30 non si limitano alla sicurezza

Le Città 30 devono lavorare anche sulla ridefinizione delle infrastrutture viabilistiche in modo che il rispetto del limite diventi naturale.

Da un lato, una progettazione con interventi di moderazione del traffico, come restringimenti della carreggiata in corrispondenza degli attraversamenti, disassamenti con parcheggi e arredi alternati, attraversamenti rialzati, dossi e dissuasori.

Dall’altro, una maggiore diversificazione delle componenti del trasporto e il potenziamento della loro integrazione.

Questi interventi non equivalgono, come sostengono in molti, a paralizzare le città. Intanto perché nelle Città 30 il limite dei 50 viene mantenuto sulle tratte di viabilità principale e poi perché basta fare due conti per vedere che già oggi la velocità media degli spostamenti è ben al di sotto dei 30 km all’ora.

Ancora, garantire una velocità media costante fluidifica il traffico molto più rispetto a continui stop and go, con un miglioramento della qualità dell’aria, una riduzione delle emissioni di CO2 e di polveri sottili (causate dai freni delle auto).

Molto importante è anche la riduzione dell’impatto acustico con cali di rumorosità compresi tra i 2 e i 4 dB, ovvero una riduzione del rumore percepito stimabile fino a -50%.

Infine, anche sotto il profilo economico le Città 30 sono vincenti. Si avrebbe innanzitutto il valore del turismo che privilegia le città più vivibili e smart, a cui si aggiungerebbero i risparmi per il minor consumo di combustibili e la riduzione del costo sociale degli incidenti stradali.

Secondo le stime elaborate da Aci, Istat e diversi Ministeri, il costo sociale degli incidenti 2021 è stato di 14,6 miliardi di euro, di cui 9,15 sono a carico delle strade urbane. Un dimezzamento dell’incidentalità porterebbe a un risparmio di 4,6 miliardi di euro, a tutto vantaggio della collettività.

Va però sottolineato come quello delle Città 30 sia un tema delicato, che in una parte non piccola della popolazione suscita reazioni viscerali e che va, quindi, gestito con grande cura.

I casi delle città in cui è stato introdotto, oltre a quelli indicati sopra si possono ricordare Chambery (che è partita dal 1979), Graz (dal 1986) o, in Italia, Cesena (dal 1998), Rovereto (dal 2012) e Olbia (dal 2021), dimostrano come sia necessaria una campagna di comunicazione di medio periodo capillare, oltre a una ridefinizione del reticolo stradale e interventi coordinati per evitare di considerare unico strumento di questa fondamentale trasformazione culturale il cartello di divieto.

E Milano in questo ci è caduta in pieno annunciando che vuole trasformarsi in Città 30 entro il 2024. Vedremo, anzi vivremo come andrà a finire.