20 Aprile 2024
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La biodiversità non si arrende e combatte per noi

Anche se gli impatti dei cambiamenti climatici e delle attività umane sono sempre più visibili, la biodiversità trova comunque il modo di prosperare. Anche nei luoghi più inusuali, con implicazioni di cui tener conto nella stesura delle politiche urbanistiche

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L’approccio One Health, sviluppato nei primi anni del Duemila in risposta alla diffusione dell’influenza H5N1, punta a integrare gli apporti provenienti da diverse discipline (dalla medicina alla zoologia, dalla climatologia all’epidemiologia e alle scienze agrarie e forestali) per individuare le condizioni di salute ottimali per le persone, gli animali e gli ecosistemi.

Molti dei microbi che colpiscono gli animali infettano anche gli umani e, per avere successo, gli sforzi per contrastarli devono avere un carattere sistemico.

La pandemia da Covid ha ribadito la rilevanza dell’approccio One Health, sia in termini di contrasto alla diffusione della malattia, sia per articolare la ripresa post pandemia in modo che sia davvero verde e sostenibile.

In effetti, il One Health costituisce un complemento ideale degli Obiettivi di sviluppo sostenibile indicati dalle Nazioni unite e sono sempre di più le organizzazioni che guardano a questo paradigma per organizzare le proprie attività.

Come i volontari della Lipu, che hanno contribuito alla stesura della Dichiarazione giovanile dell’Anno internazionale della salute delle piante (Iyph). Organizzato dalla Fao, l’Iyph parte dalla constatazione che l’80% del nostro cibo deriva dalle piante e oggi fino al 40% dei raccolti viene perso a causa dei cambiamenti climatici e dei patogeni, diffusi anche dal commercio internazionale.

Le piante evidenziano in modo chiaro le connessioni tra la salute umana e quella degli ecosistemi e i volontari della Lipu hanno usato il One Health per ricordare l’importanza della flora e degli uccelli che la abitano, anche nel nostro paese.

Per fortuna, le piante e gli organismi dimostrano un’eccezionale capacità di adattarsi e diffondersi negli ambienti più impensati, in cui contribuiscono a far crescere la biodiversità.

È quanto emerge da una ricerca coordinata da Sandra Citterio e da Rodolfo Gentili dell’Università di Milano-Bicocca e da Gabriele Galasso, del Museo di Storia Naturale di Milano, che ha esaminato proprio la distribuzione della biodiversità in vari contesti della città di Milano.

I ricercatori, che hanno pubblicato i loro risultati su Urban Forestry and Urban Greening, hanno setacciato aree edificate, arterie stradali, viali alberati, aree verdi e aree ferroviarie.

Proprio da queste ultime sono venute le maggiori sorprese, dato che proprio tra i binari, nelle vasche di lavaggio e lungo le massicciate, crescono svariate specie vegetali, spesso scomparse dagli altri ambienti cittadini.

Inoltre, le aree ferroviarie ospitano anche diverse specie di insetti impollinatori e costituiscono veri e propri corridoi di verde naturale per la biodiversità cittadina.

La ricerca sottolinea l’opportunità di includere le aree ferroviarie nella pianificazione delle reti verdi urbane, sottolineando che la loro sostituzione con ambienti edificati andrebbe a ridurre la biodiversità della città.

Che, come detto, si rivela sorprendente: lungo le mura del Castello Sforzesco, in pieno centro città, sono state trovate specie uniche al mondo come lo ieracio milanese che, come dice il nome, fiorisce solo nel capoluogo meneghino.

Anche il nostro paese e la sua biodiversità devono però fare i conti con gli effetti sempre più evidenti dei cambiamenti climatici.

Una ricerca coordinata da Silvio Marta e Francesco Ficetola dell’Università degli Studi di Milano, pubblicata su Nature Ecology & Evolution, ha preso in esame temperature, regimi delle precipitazioni e densità di popolazione negli ultimi 150 anni e le ha messe in relazione alle variazioni nella composizione e nelle funzionalità di circa 600 specie di artropodi.

Nel periodo considerato, la temperatura è cresciuta di 2°C, le precipitazioni sono diminuite del 12% e la densità di popolazione è aumentata di 6 volte.

Tra tutti i fattori esaminati, sono state le variazioni nei regimi delle precipitazioni, più che quelle nelle temperature, ad avere gli impatti più rilevanti. Dove è piovuto di meno, infatti, si sono verificati incrementi più marcati nei tassi di estinzione e colonizzazione.

Come prevedibile, l’espansione delle aree naturali ha portato a un aumento della biodiversità e, al contrario, la crescita della densità di popolazione ha fatto diminuire la diversità biologica.