20 Aprile 2024
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In Italia si respira… male

I dati dell'European Environment Agency (Eea) appena pubblicati non sono incoraggianti. L’inquinamento è alto e provoca troppi decessi. Ma qualcosa sta cambiando...

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Il Bel Paese, dal punto di vista dell’aria, non è, purtroppo, messo bene. Secondo quanto rilasciato a inizio autunno dall’European Environment Agency (Eea) nella gran parte delle aree urbane del nostro Paese si evidenzia una diffusa violazione dei limiti di legge per il biossido di azoto (NO2), inquinante prevalentemente generato dal traffico, in particolar modo dai motori diesel.

Siamo anche passibili di moratorie: questo perché abbiamo superato, con Romania e Bulgaria, i limiti di legge per le PM10 e le PM2,5.

Le ricadute non sono banali. Secondo quanto afferma ClientEarth (organizzazione non governativa europea che si occupa di diritto dell’ambiente), l’Italia è il primo stato in tutta l’Unione Europea per morti premature stimate in relazione al biossido di azoto. Il dato è impressionante: 14.600 decessi riferibili all’inquinamento atmosferico (il 21,4% del totale).

L’NO2 è un gas tossico, emesso in larga parte dai veicoli diesel, che causa infiammazioni delle vie respiratorie. Tra i vari effetti negativi sulla salute umana si rileva come possa incidere sullo sviluppo della capacità polmonare dei bambini.

Le morti premature in Italia collegate al particolato fine PM2,5 sono 58.600. Solo la Germania, con mille decessi prematuri in più, è messa peggio di noi.

Tra le città con la maglia nera c’è Torino che, con una concentrazione media annua di NO2 (pari a 79 µg/m³), sarebbe la terza peggiore metropoli europea. Solo Londra e Parigi hanno registrato valori superiori. Con 118 giorni fuori legge, Torino ha registrato livelli di particolato tra i più tossici nell’UE, paragonabili a quelli di Cracovia in Polonia e Plovdiv in Bulgaria.

Vero è che i dati Eea appena pubblicati sono, però, riferiti al 2017 e i dettagli sugli impatti sulla salute dello smog sono relativi al 2016. Qualcosa sta dunque cambiando?

Secondo Legambiente no. Nel 2018 in ben 55 capoluoghi di provincia sono stati superati i limiti giornalieri previsti per le polveri sottili o per l’ozono. Brescia è segnalata da Legambiente per i suoi 150 giorni fuorilegge: 47 per il PM10 e 103 per l’ozono. Seguono Lodi (149) e Monza (140). Sono questi i dati riassunti nel dossier Mal’aria 2019, che annualmente Legambiente redige sul tema dell’inquinamento atmosferico in Italia.

Eppure, qualche segnale indica un miglioramento. Una ricerca sulla visibilità orizzontale dell’atmosfera condotta da Cnr/Isac in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano ha rilevato che, nelle zone più inquinate del Paese, la frequenza dei giorni con visibilità sopra i 10 o i 20 km sta migliorando, arrivando anche a un raddoppio rispetto agli ultimi 40 anni.

In tema di inquinamento si può e si deve fare continuare a fare di più” è il parere di Maurizio Maugeri docente di Fisica dell’atmosfera all’Università di Milano che ha co-firmato la ricerca con la collega Veronica Manara del Cnr-Isac “Però è vero che siamo sulla strada giusta: la tecnologia è in evoluzione. Prendiamo le automobili: siamo partiti dall’Euro 0 e siamo all’Euro 6. Le quattro ruote ibride si diffondono sempre più e il futuro è l’auto elettrica. E questo incide anche sull’atmosfera“.

La guardia, comunque, non va abbassata. Cittadini per l’aria (associazione che denuncia lo stato di inquinamento nelle città italiane) lo afferma da tempo: “l’aria sporca spesso non si vede. Eppure, uccide 10 volte di più degli incidenti stradali“.