È il momento della ripartenza, anzi di un nuovo inizio, come si sente dire sempre più spesso. Lo stile di vita di intere popolazioni in tutto il mondo è cambiato radicalmente e non sono mancati gli effetti sul Pianeta.
Smart Working e stile di vita sostenibile
Uno dei cambiamenti più radicali e discussi è lo smartworking che, secondo i risultati di una ricerca svolta da un popolare motore di ricerca per trovare lavoro, ha coinvolto circa il 72% delle aziende italiane e ha permesso ai lavoratori in tutto il mondo di limitare la mobilità e riscoprire, in alcuni casi, un maggior equilibrio tra vita e lavoro (il 49% degli intervistati ha apprezzato il tempo risparmiato per gli spostamenti da casa all’ufficio, il 19,5% gli orari flessibili, il 17% la possibilità di gestire insieme esigenze personali e lavorative che sale al 30% per le donne con figli).
Oltre a ridurre gli spostamenti, è anche cambiata la modalità con cui ci si muove. Infatti, sembra che gli italiani optino sempre di più per mezzi alternativi all’auto e ai mezzi pubblici. Secondo Confindustria Ancma, associazione nazionale ciclo, motociclo e accessori, è stato registrato un aumento dell’acquisto di biciclette tradizionali e a pedalata assistita di oltre il 60% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Tutto ciò ha dato il via, volenti o nolenti, a uno stile di vita più sostenibile per migliaia di persone in tutto il mondo che, inutile dirlo, ha ovviamente avuto un impatto positivo sull’ambiente. Tuttavia, non bisogna dimenticare l’altra faccia dello smartworking, caratterizzata anche da un senso di solitudine, una mancanza di rapporti sociali e scambi di idee per molte persone in tutto il mondo. Secondo i risultati di un sondaggio condotto da una piattaforma specializzata nella prenotazione online di visite mediche, infatti, su un campione di 1.302 persone, 1 italiano su 4 ha sofferto di stati d’ansia e attacchi di panico.
Miglioramento della qualità dell’aria
Tra gli effetti positivi del lavoro in remoto, fa piacere segnalare sicuramente il miglioramento della qualità dell’aria. “Tra gennaio e aprile [2020], abbiamo assistito a una diminuzione degli inquinanti come il NO in molte aree europee. La riduzione ha coinciso con l’introduzione delle misure di lockdown per far fronte all’emergenza Covid-19“, commenta Mark Parrington, Senior Scientist di Copernicus Atmosphere Monitoring Service. La riduzione di NO2 è significativa, in quanto si tratta di un inquinante che viene prodotto da tutti i processi di combustione, compresi quelli derivanti dal traffico veicolare. Per quanto incoraggianti, però, bisogna ricordare che questi cambiamenti sono provvisori e dovuti ad una situazione ancora di emergenza. Il mantenimento di queste condizioni sarà difficile senza un impegno concreto da parte degli Stati del mondo. E infatti, stiamo già assistendo ad alcuni eventi che non remano di certo in questa direzione. La Cina, l’India, la Malesia per esempio e in controtendenza rispetto a quanto avviene nella maggior parte restante del mondo, continuano a puntare sulle centrali a carbone. Un trend molto pericoloso e che va a sommarsi al fatto che la COP26, la ventiseiesima Conferenza sul Clima delle Nazioni Unite, alla quale il mondo si sarebbe dovuto presentare con nuovi impegni di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, non si terrà come previsto a novembre in Scozia, bensì solo nel 2021.
Il “ritorno” della natura
Mentre l’Italia intera (e a seguire immediatamente dopo tutto il mondo), chiusa nelle proprie case, piangeva i troppi morti dovuti al Covid-19, arrivava però un fievole messaggio positivo, di speranza, a rischiare quelle terribili giornate. Nessuno di noi dimenticherà i video che mostravano le più disparate specie di animali riappropriarsi di spazi da cui si erano dovuti allontanare molto tempo fa a seguito delle attività e dell’insediamento dell’uomo. Ricorderemo tutti, solo per citarne alcuni, il branco di leonesse sdraiate sul green del campo da golf in Sudafrica, i canguri che saltellavano per le strade di Adelaide, gli alligatori a spasso in una cittadina della Carolina del Sud, il rinoceronte tra i vicoli di una città in Nepal o, a casa nostra, cigni sorpresi a nuotare tranquillamente nelle – per la prima volta dopo decenni – limpide acque dei canali di Venezia… Anche in questo caso, però, non può che trattarsi di una condizione temporanea oltre che insostenibile, perché vorrebbe dire proseguire nella sospensione della maggior parte delle attività umane. Sarebbe opportuno, quindi, chiedersi se non possa esserci un modo concreto per fare tutti del nostro meglio e provare a tutelare di più e creare un rapporto di co-abitazione con gli animali in futuro.
Il lockdown ha portato inevitabilmente a una serie di cambiamenti nel nostro modo di vivere e di rapportarci con l’ambiente che ci circonda. Come detto, sono cambiamenti provvisori e non sempre totalmente positivi o sostenibili. Tuttavia possiamo sicuramente imparare dal difficile periodo che abbiamo vissuto per dare il via a un nuovo inizio caratterizzato da stili di vita più slow e sostenibili, incentrati su un rapporto più armonioso con gli animali e la natura. Un esempio positivo in questo senso è il nuovo fenomeno che si sta affermando nel turismo, l’Undertourism, che ha come obiettivo proprio la riscoperta delle bellezze e delle popolazioni delle mete scelte.