Ormai è ovunque: nelle insalate, sui toast, ma anche sulle magliette, sulle custodie dei cellulari e sui social network. Stiamo parlando naturalmente dell’avocado. Un frutto che da alcuni anni a questa parte è diventato molto di moda in occidente e viene considerato il non plus ultra del cibo sano, ideale per coloro che vogliono seguire una dieta equilibrata. Tutta questa popolarità, derivante dalle innumerevole proprietà nutrizionali del frutto, comporta anche delle conseguenze negative. La coltivazione dell’avocado, infatti, impatta molto sull’ambiente e sulle popolazioni locali delle aree tropicali e sub-tropicali.
Le conseguenze della corsa all’“Oro Verde”
Si stima che occorrano circa 70 litri di acqua per far crescere un singolo avocado: una quantità 3 volte superiore rispetto a quanto necessario alla coltivazione di un’arancia e ben 14 volte superiore a quella che serve per un pomodoro. Nei Paesi in cui l’acqua è privatizzata si tende a impiegarla prevalentemente in ambito agricolo e, data la massiccia quantità di acqua necessaria per le piantagioni di avocado, la siccità in molte zone tropicali è inevitabile. La mancanza d’acqua colpisce non solo i terreni, ma anche le popolazioni locali che ne hanno conseguentemente poca a disposizione per dissetarsi, cucinare e lavarsi.
Data la domanda crescente di avocado, in alcune aree del mondo come il Messico la coltivazione del frutto verde è diventata un’opportunità economica talmente vantaggiosa da alimentare una deforestazione discriminata. E tutto ciò ha ovviamente un impatto devastante sia sulla flora che sulla fauna locali.
Ma non è tutto. I vantaggi portati dall’oro verde non sono passati inosservanti neppure ai cartelli della droga messicani, che controllano questo commercio sempre più redditizio ed estorcono denaro ai piccoli coltivatori.
Infine, le coltivazioni di avocado influiscono anche sulla qualità dell’aria che respiriamo. Il trasporto dei frutti dalle aree tropicali al resto del mondo ha un impatto non indifferente sull’emissioni di CO2. Per arrivare in Italia dal Messico, per esempio, un chilo di avocado percorre 10.200 km circa, per un totale di 18,5 kg di anidride carbonica .
Ma quindi, la soluzione migliore sarebbe di eliminare l’avocado dalla nostra dieta definitivamente? No, non necessariamente. Con una serie di scelte etiche e consapevoli, però, è possibile continuare a gustare questo cremoso frutto riducendo il più possibile l’impatto sull’ambiente e sulle popolazioni indigene. In che modo? Per esempio, consumando l’avocado con moderazione e optando per varietà biologiche provenienti dalla Sicilia e dalla Spagna, regolamentate dalla legislazione agricola dell’UE. In questo modo, si potranno non solo ridurre le emissioni di CO2, ma si potrà fare anche la propria parte per combattere il commercio illecito dei cartelli e lo sfruttamento degli agricoltori, nell’attesa che anche questi Paesi provino, nel loro interesse soprattutto, a combattere questo circolo vizioso e a seguire logiche più ecosostenibili e virtuose.
https://www.theguardian.com/environment/2018/may/17/chilean-villagers-claim-british-appetite-for-avocados-is-draining-region-dry https://www.theguardian.com/lifeandstyle/2016/aug/10/avocado-illegal-deforestation-mexico-pine-forests/ http://www.cittadellascienza.it/centrostudi/2017/01/avocado-deforestazione-riserve-idriche-e-anidride-carbonica/