Mentre al Mind Milano Innovation District prende le mosse la Federated Innovation, una partnership pubblico-privato con aziende che mirano a sviluppare progetti all’avanguardia nel Greentech, nell’Agrifood Tech, nel Life Sciences e in diversi altri settori, nel mondo si moltiplicano le startup che operano nell’agroalimentare, mettendo al centro le indicazioni dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
È quanto emerge da una ricerca condotta dall’Osservatorio Food Sustainability della School of Management del Politecnico di Milano, che è partito dalla constatazione che siamo nel mezzo di una crisi alimentare globale e che, con ogni probabilità, gli strumenti migliori per affrontarla sono quelli che guardano alla sostenibilità e all’innovazione delle pratiche di consumo e dei processi produttivi.
Partiamo dai numeri: nel 2021 erano 828 milioni le persone che soffrivano la fame e altri 2,3 miliardi erano in stato di moderata o severa insicurezza alimentare, dati destinati a peggiorare a causa degli effetti della pandemia, degli impatti del climate change e della guerra in Ucraina. Per quanto riguarda il nostro Paese, tra il 2019 e il 2021 il 6,3% della popolazione ha avuto problemi di accesso al cibo e la situazione continua a peggiorare.
A fronte di questo scenario, la ricerca condotta dall’Osservatorio si è concentrata sulle startup che operano nell’agroalimentare. Delle 7.337 censite tra il 2017 e il 2021 a livello mondiale, il 34% (2.527) ha dichiarato di voler centrare uno o più degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. Al primo posto tra le soluzioni messe a punto dalle startup ci sono quelle che puntano a ottimizzare l’utilizzo delle risorse (30%) e tutelare gli ecosistemi terresti e d’acqua dolce.
Scorrendo la classifica degli investimenti delle startup, ci sono le soluzioni per incentivare l’adozione di stili di vita e pratiche sostenibili, quelle per aumentare la produttività e la resilienza dei raccolti ai cambiamenti climatici e, più staccate, quelle che servono a ridurre eccedenze e sprechi alimentari lungo la filiera.
Tra le misure con cui abbattere il food waste rientrano in particolare 79 soluzioni orientate a ridurre gli sprechi nella catena del freddo. Queste innovazioni, che sono state implementate tra il 2017-2021, ottimizzano la produzione in risposta all’andamento della domanda, diminuendo le scorte in magazzino, migliorando l’allineamento tra domanda e offerta e accorciando la supply chain.
Per valorizzare le eccedenze di prodotti freschi, diverse startup propongono piattaforme digitali per ridistribuire i prodotti vendendoli a prezzo scontato o donandoli (28%) o per recuperarne parte del valore per fini di alimentazione animale, riciclo o recupero energetico (36%).
Per quanto riguarda, infine, le innovazioni nelle pratiche di consumo e nei processi produttivi, l’Osservatorio ha identificato 4 diversi modelli di collaborazione tra settori, spesso intrecciati tra loro:
- il recupero e la ridistribuzione delle eccedenze alimentari tramite donazioni
- la spesa sospesa
- l’allungamento della vita dei prodotti
- il supermercato sociale
Si tratta di processi tanto più preziosi se si pensa che oggi molte amministrazioni cittadine faticano a garantire l’accesso al cibo a tutte le fasce della popolazione urbana, a causa di una continua urbanizzazione e dell’aggravarsi delle condizioni di povertà delle persone più vulnerabili.
Di queste tematiche si è parlato nell’evento organizzato a Roma per presentare il progetto Metrofood-It – Strengthening of the Italian RIfor Metrology and Open AccessData in support to the Agrifood.
Finanziato nell’ambito del Pnrr con 17,8 milioni di euro, il progetto ambisce a rafforzare la ricerca scientifica nel campo della qualità e sicurezza alimentare, a promuovere la realizzazione di piattaforme e servizi per la digitalizzazione e la rintracciabilità di materie prime e prodotti e, infine, a favorire l’economia circolare e la sostenibilità nel settore del cibo.