28 Marzo 2023
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rifiuti speciali

Anche i rifiuti speciali hanno un valore

Dai rifiuti, grazie alle nuove tecnologie, si estrae "materia prima seconda". È la logica dell'economia circolare: un nuovo e innovativo modello di produzione che rispetta l'ambiente e fa vivere meglio le persone

Tempo di lettura: 3 minuti

Purtroppo, consumiamo tanto e male. Lo dimostra il World Overshoot Day, data significativa che dimostra come le risorse naturali che il Pianeta rende disponibile si esauriscono ogni anno e sempre prima.  Nel 2019 l’Overshoot Day è caduto il 29 luglio, ma solo 10 anni prima, nel 2009, coincideva con il 20 di agosto. E nel 1971, primo anno in cui fu calcolato, ricadde addirittura il 21 dicembre.

Una progressione esponenziale che rende indispensabile il passaggio a un’economia circolare in grado di recuperare quanto più valore possibile dagli scarti di materie prime seconde, ovvero nuove materie che non hanno fatto ricorso a elementi naturali. Un tipico caso sono i Raee, i rifiuti elettronici, trattati in Italia (fonte AssoRaee) ogni anno per oltre 420.000 tonnellate.

L’economia circolare è un nuovo modello di produzione che estende il ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo. Implica buone pratiche di condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile.

Così, per esempio, dagli scarti della produzione del formaggio – il siero di latte – si ottengono nuovi polimeri in grado di sostituire la plastica.

Oppure, dalla lana ovina italiana che altrimenti andrebbe bruciata o dispersa nell’ambiente perché non buona per farne lana, il Cnr ha ideato dei pannelli isolanti perfetti per la bioedlizia.

Gli scarti del riso, la lolla, sono già utilizzati dall’industria alimentare che ne fa un olio ricco di polifenoli e il silverskin, la pellicina che si stacca con la tostatura del caffè, pare un ottimo elemento per l’industria cosmetica e della carta.

Un processo virtuoso che fa bene all’ambiente, ma anche al business: l’economia circolare porta a una riduzione della pressione sull’ambiente, dà più sicurezza sulla disponibilità di materie prime, aumenta la competitività, dà impulso all’innovazione e alla crescita economica e permette di incrementare l’occupazione. Il Parlamento Europeo stima che proprio grazie all’economia circolare ci saranno 580mila nuovi posti di lavoro in più entro il 2030.

Estrarre valore dagli scarti, anche in ambito domestico

I benefici di questo nuovo approccio sono facilmente individuabili anche nell’ambito privato e individuale. Il cittadino – in famiglia come in ufficio o durante gli svaghi – deve farsi carico sia di produrre meno rifiuti, ma anche adoperarsi per il corretto smaltimento degli scarti e per un avvio al riciclo efficiente.

Questo significa effettuare una corretta differenziazione dei rifiuti domestici separando carta, plastica, metallo, vetro e umido, riducendo al minimo la produzione di rifiuto indifferenziato destinato alla discarica e all’incenerimento.

Le discariche autorizzate stanno diventando sature. Metalli pesanti e sostanze tossiche filtrano nelle acque sotterranee e nel terreno circostante. Sono prodotti gas esplosivi e tossici. Senza contare i pericoli derivanti dalle numerose discariche abusive che non possono essere quantificati.

La principale alternativa di smaltimento rispetto alla discarica – l’incenerimento – produce tossine e metalli pesanti. Da un rapporto dell’Unione Europea si legge che ogni anno vengono prodotte circa 2.000 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui oltre 40 milioni di tonnellate sono classificate come pericolose.

Ecco perché la Ue ha approvato 4 nuove direttive – entrate in vigore il 4 luglio 2018 e da applicare localmente entro il 5 luglio 2020 – definite “pacchetto economia circolare” sulla corretta gestione dei rifiuti che, per la raccolta indifferenziata, ovvero la discarica, limita la quota di rifiuti urbani conferibili a un massimo del 10% entro il 2035.

Nel pacchetto, inoltre, si stabilisce che “entro il 2025 venga previsto il riciclo per almeno il 55% dei rifiuti urbani (60% entro il 2030 e 65% entro il 2035) e parallelamente si vincola lo smaltimento in discarica (fino a un massimo del 10% entro il 2035). Il 65% degli imballaggi dovrà essere riciclato entro il 2025 e il 70% entro il 2030“.

Ma il Parlamento Europeo, giustamente, si è spinto oltre pianificando che “i rifiuti tessili e i rifiuti pericolosi delle famiglie – come vernici, pesticidi, oli esausti e solventi – dovranno essere raccolti separatamente dal 2025 e, sempre a partire dal 2025, i rifiuti biodegradabili dovranno essere obbligatoriamente raccolti separatamente o riciclati a casa attraverso il compostaggio“.

Norme a parte, in tutte le nostre città sono già attive le riciclerie che consentono di smaltire correttamente il rifiuto verde (fogliame, erba, rami e alberi), gli olii da cucina esausti, le batterie (dalle mini-stilo usate in casa a quelle per auto), la ceramica, il legno, i vestiti – molti indumenti contengono microplastiche che danneggiano gravemente l’ambiente.

Serve allora educazione ambientale, rispetto delle normative e conoscenza del fatto che in realtà questi rifiuti sono materiali pregiati da cui è possibile nuovamente estrarre valore e alimentare un ciclo produttivo innovativo e potenzialmente infinito.