Il mercato ittico deve iniziare seriamente a ragionare sulla sua Sostenibilità e anche noi consumatori – soprattutto se pescetariani, ovvero con un regime alimentare orientato in prevalenza verso il pesce – dobbiamo prenderne coscienza; purtroppo si sentono spesso pareri contrastanti che creano confusione.
Molti si chiedono se per preservare l’ecosistema marino sia necessario smettere di pescare e non mangiare pesce. Una domanda sorge spontanea, è corretto privarsi categoricamente di un prodotto della nostra cultura gastronomica?
Abbiamo parlato con Silvio Greco, biologo marino e direttore della sede romana e della sede calabrese della stazione zoologica Anton Dohrn. “Innanzitutto, abbandonare completamente la pesca è una soluzione troppo semplicistica. Occorre far notare che il 12% della popolazione mondiale vive esclusivamente di pesca“ incalza Greco.
Secondo i dati di Coldiretti, in Italia il consumo medio annuo pro-capite di pesce è di 28 kg. In Europa la media è di circa 25 kg.
Il messaggio costante che Greco vuole sottolineare riguarda il rinnovamento delle risorse marine. È questa la chiave alla sostenibilità. Per questo è necessario preservare la fauna ittica ed evitare una pesca indiscriminata, ma anche ridurre le distanze tra pesca e tavola.
Spesso, come prima iniziativa per ridurre l’impatto alimentare, si cerca di accorciare la lunghezza della filiera alimentare. Approccio sicuramente corretto, ma in questo caso troppo semplicistico.
Purtroppo, secondo dati Ismea, nel 2018 l’import di pesce in Italia ha raggiunto 1,35 milioni di tonnellate con un esborso di circa 5,9 miliardi di euro. Dati molto importanti, se si considera che dieci anni prima, nel 2008, erano un terzo rispetto a quelli attuali.
Sempre Ismea sottolinea che mediamente in Italia si consuma pesce una o due volte a settimana, con differenze dettate dalla cultura gastronomica regionale. In linea generale, il consumo è calato a causa dei ritmi frenetici odierni.
Molti consumatori hanno ritenuto troppo dispendioso cucinare determinati tipi di pesce, specialmente interi e con le spine. Questo trend ha diminuito la varietà di pesce consumato, prediligendo pesci bistecca come salmone e tonno.
“Negli anni ’70 sulle tavole degli italiani erano presenti normalmente cinquanta specie. Questo numero non deve impressionare, perché nei mari italiani ci sono almeno 400 specie commestibili. In questo noi dobbiamo aiutare la gestione delle risorse, variando“ prosegue Greco.
La pesca può essere sostenibile se la richiesta di consumo da parte dei consumatori diventa sostenibile. I due fattori sono legati. È proprio per questo motivo che la sana curiosità gastronomica applicata alla cucina rende liberi e… sostenibili.
(ha collaborato Filippo Casè)