Il 5 febbraio è la giornata nazionale contro lo spreco del cibo. È dal 2014 che si cerca di educare la popolazione a quella che sicuramente è un’accortezza alla portata di tutti. Evitare lo spreco in fondo è facile: basta essere consapevoli e cambiare alcune banali abitudini. Al contrario i vantaggi sono tanti: per il proprio portafoglio, per l’ambiente e per la comunità.
Anche le aziende ne traggono beneficio, soprattutto quelle appartenenti alla Gdo, che stanno trasformando la lotta allo spreco nella propria personale pratica di Csr (Corporate social responsibility), accordandosi con le Ong che ritirano le eccedenze invendute.
Quando si parla di spreco di cibo si pensa erroneamente solo a quello che non viene consumato. Ci si dimentica però che lo spreco non avviene solo fra le quattro mura domestiche, ma parte già dall’azienda madre, dove acqua, elettricità e gas vengono impiegati per la produzione. Tra i costi nascosti ci sono anche quelli legati alla logistica. Ti sei mai chiesto come quel cibo sia arrivato prima sugli scaffali e poi a casa tua? Per non parlare dello smaltimento dello spreco: anche questo ha un costo. Come si dice ‘’oltre al danno la beffa’’. In pratica: 12 miliardi di euro l’anno (fonte: Diari di Famiglia di Università Bologna Distal, Min. Ambiente, Spreco Zero).
In casa si spreca meno di una volta
Secondo i dati presentati quest’anno dall’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market/Swg in occasione dell’incontro “Non sprechiAmo il cibo: per un’alimentazione più sostenibile”, in una regione come la Lombardia il cibo si getta meno di una volta al mese (per il 50% delle famiglie); dato lievemente appena migliore rispetto a quello nazionale del 48%. Solo il 4% degli intervistati dichiara di sprecare cibo più volte nel corso della stessa settimana, contro il 7% del dato nazionale.
Se confrontiamo questi dati con quelli di sei anni fa – quando un italiano su due dichiarava di gettare cibo quasi ogni giorno – ci sentiamo di dire che siamo sulla buona strada. Lo conferma anche Andrea Segrè, fondatore di Last Minute Market, impresa sociale pionieristica nel recupero delle eccedenze che da dieci anni sensibilizza cittadini, istituzioni, scuole e stakeholder attraverso la campagna Spreco Zero. Nel 2019 solo l’1% degli intervistati ha dichiarato di cestinare il cibo quotidianamente.
Ma come migliorare? Basta cambiare le abitudini di consumo. La prima buona regola è valutare meglio la quantità di cibo da acquistare e quella impiegata nel momento della preparazione dei pasti. Poi, in caso le nostre previsioni siano sbagliate, si può sempre congelare quello che non si riesce mangiare, e perché no, condividere con i vicini quello che altrimenti andrebbe a male. L’idea che dovrebbe passare è che bisogna vergognarsi solo se si spreca cibo: donarlo, distribuirlo, portarlo a casa perché avanzato dal ristorante è, al contrario, un atteggiamento che andrebbe valorizzato.
Cosa succede all’invenduto dei negozi?
Enormi passi avanti sono stati fatti anche in ambito B2b. Tutto è partito dalla legge 166/2016 definita anche ‘antispreco’, portata avanti dall’Onorevole Maria Chiara Gadda, tanto che spesso si fa riferimento alla normativa citandola con il suo nome. Questa legge ha permesso di individuare e sviluppare strumenti e opportunità per il ritiro dell’invenduto a scadenza.
Da qui è stato tutto uno sviluppo di enti no profit, imprese, app, piattaforme e iniziative private mobilitate a ridurre lo spreco di cibo. Di sicuro c’è spazio di manovra per nuove idee e iniziative che puntino alla sensibilizzazione del tema. Qualche esempio? Le attività sugli studenti che sta portando avanti la Whirlpool, così come la progettazione di soluzioni sempre più efficienti dal punto di vista energetico per creare delle cucine smart e attente a preservare al meglio il cibo.